DIFFERENZA TRA INTERVENTI DI MANUTENZIONE, RISANAMENTO E RESTAURO. QUANDO IL CONDOMINIO PUÒ BENEFICIARE DELL’IVA AGEVOLATA AL 10%?
Ogni intervento edilizio realizzato su un immobile, a secondo della finalità e della funzione assolta, è inquadrabile all’interno di una categoria tipizzata normativamente. A secondo della tipologia è possibile usufruire di alcune agevolazioni fiscali, ovvero di talune misure di semplificazioni amministrativa. Tra le misure più interessanti – almeno stando al profilo dell’impatto economico diretto – va annoverata quella dell’applicazione dell’IVA al 10%, sulle fatture emesse dall’appaltatore. Il punto 127-quaterdecies della Tabella A, Parte III, intitolata “Beni e Sevizi Soggetti all’aliquota del 10% di cui al D.P.R. 633/1972”,ne prevede l’applicazione limitatamente agli “? interventi di recupero di cui all’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, esclusi quelli di cui alle lettere a) e b) del primo comma dello stesso articolo”. Per selezionare tali interventi, sovviene in aiuto il Testo unico in materia edilizia (Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 – G.U. n. 245 del 20 ottobre 2001 – Supplemento Ordinario n. 239). E partitamente, l’articolo 3 prevede segnatamente quanto segue:
“Ai fini del Testo Unico si intendono per: a) “interventi di manutenzione ordinaria”, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti; b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso; c) “interventi di restauro e di risanamento conservativo”, gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio; d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente”. L’art. 7, comma 1, lett. b), Legge n. 488/1999 (legge finanziaria del 2000) ha poi esteso l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10%, anche agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata (categorie catastali da A1 ad A 11, ad esclusione della A10). L’agevolazione fiscale dopo diversi rinnovi annuali è stata stabilizzata con la legge finanziaria anno 2010 (legge 191 del 29 dicembre 2009), in virtù di una direttiva comunitaria che ha permesso agli stati membri di mettere a regime la misura.
Il caso. Ciò opportunamente premesso, è successo che un condominio abbia opposto un decreto ingiuntivo – chiesto ed ottenuto dall’impresa appaltatrice a cui aveva precedentemente affidato l’esecuzione di opere (asseritamente qualificate come “ristrutturazione edilizia”) – lamentando, tra l’altro, l’applicazione dell’IVA al 20%, in luogo di quella al 10% sul valore complessivo della fattura saldata. Per cui esercitava domanda riconvenzionale onde ottenere la restituzione di quanto indebitamente versato oltre l’aliquota iva del 10%. Il primo grado del giudizio si concludeva con l’emissione di un provvedimento d’improcedibilità dell’opposizione per difetto di giurisdizione (le parti – a quanto pare – avevano convenuto, all’atto del conferimento dell’appalto, una clausola arbitrale con la quale demandavano la risoluzione delle controversie ad un collegio arbitrale). Il Condominio opponente impugnava però la Sentenza avanti alla Corte d’appello. Il giudice del gravame accoglieva, in punto, il gravame. In effetti – sentenziava la Corte d’Appello – l’appaltatore costituendosi in giudizio e chiedendo la condanna del Condominio al saldo della fattura pretesa in pagamento (indi, non in via subordinata), avrebbe assunto un comportamento concludente, “?rinunziando (di fatto) a far valere la clausola arbitrale”, da cui la sussistenza della giurisdizione in capo al Giudice ordinario per la trattazione dell’affare. Il provvedimento. La domanda riconvenzionale sull’indebito oggettivo agitata dal Condominio appellante, non ha avuto però la stessa sorte. La Corte di Appello di Catania – con Sentenza del 17 aprile 2014 – ha infatti rigettato la pretesa economica in disamina, rilevando che i lavori commissionati dal Condominio non sono sussumibili nell’ambito degli interventi di ristrutturazione e restauro conservativo – come asserito -, bensì in quelli previsti per la manutenzione straordinaria. in quanto tali, non sarebbero ex lege assoggettabili all’applicazione dell’agevolazione fiscale richiamata in atti (IVA al 10%). Ed invero: “Ai sensi del d.p.r. 633/72 (punto 127 quaterdecies Tabella A) l’agevolazione IVA al 10% è prevista solo per le ipotesi di cui alla lettera C dell’art. 31 L. 457/78 (interventi di restauro e di risanamento conservativo) distinti dalla manutenzione straordinaria, avente finalità conservativa, e che quindi comportano come risultato la modificazione generalizzata e sistematica dell’immobile che viene a costituire, pur nel rispetto dei suoi elementi tipologici, formali e strutturali, un’entità ontologicamente e qualitativamente diversa dalla precedente (Cass. Civ., Sez. III, 19/11/1995, n. 12397). Nella specie si versa, invece, in ipotesi di manutenzione straordinaria, non solo perché cosi recita la stessa premessa del contratto ma perché il successivo art 2 ne chiarisce l’oggetto, ossia gli interventi sui prospetti degli edifici, frontalini, pareti, cieche mantovana copertura a terrazza e ballatoi) e quindi tutti lavori con finalità, all’evidenza, solo conservativa attesane la vetustà e lo stato di conservazione. In conclusione: Al di là dell’argomentazione giuridica addotta e della sua effettiva legittimità – l’iter argomentativo sviluppato dal Giudice di appello predetto non ci risulta del tutto chiaro: a causa dei pochi elementi fattuali a nostra disposizione – giova qui precisare, in via conclusiva, che l’agevolazione fiscale dell’IVA al 10% risulterebbe, a tutt’oggi, applicabile (anche) agli interventi di manutenzione straordinaria od ordinaria da eseguirsi presso gli edifici residenziali (categorie catastali A1-A11, con sola esclusione della A10), stante l’art. 2, comma 11, Legge n. 191/2009 (finanziaria 2010). A tal fine, non sarebbe più rilevante la relativa distinzione con quelli volti al risanamento o restauro conservativo, di cui alla lettera c) dell’art. 3 del testo coordinato 06.06.2001 n. 380 in materia di edilizia (in forza del vecchio riferimento segnato dall’art. 31 DPR457/1978) —fonteCondominioWeb