Impianti di riscaldamento e delibera di dismissione: nessun onere di dimostrare il risparmio energetico
La legge n. 10 del 1991 e più nello specifico l’art. 26 è stato per lungo tempo il punto di riferimento per l’operazione (verrebbe da dire di massa) di dismissione dell’impianto condominiale a favore di impianti individuali a gas.
Il favor legislativo per questo genere di interventi è andato via via affievolendosi: la norma succitata è stata più volte modificata, tant’è che oggi non è nemmeno più scontato poter operare la trasformazione.
Una recente sentenza di Cassazione, la n. 22276 del 27 settembre 2013, andando a pronunciarsi sull’originaria formulazione normativa, fornisce indiretta conferma di queste affermazioni.
Ai sensi dell’art. 26, secondo comma, l. 10/91, nella sua formulazione iniziale,
Per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’art. 1, ivi compresi quelli di cui all’art. 8, sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali.
La norma va completata leggendo l’art. 8 lett. g) che sostanzialmente incentivava la “trasformazione di impianti centralizzati di riscaldamento in impianti unifamiliari a gas per il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria dotati di sistema automatico di regolazione della temperatura, inseriti in edifici composti da più unità immobiliari, con determinazione dei consumi per le singole unità immobiliari [?]”.
Dal combinato normativo di queste disposizioni discendeva la possibilità per l’assemblea di deliberare con 501 millesimi favorevoli la trasformazione dell’impianto centralizzato in impianti singoli a gas. Tutti i condomini dovevano adeguarsi. Chi non lo faceva rimaneva senza riscaldamento.
Per farlo, e qui s’inserisce la sentenza di Cassazione n. 22276, non era necessario dimostrare alcunché. Detto diversamente: sebbene il secondo comma dell’art. 26 specificasse che la trasformazione dovesse avere la finalità del risparmio energetico, non era necessario porre alla base della deliberazione delle relazioni tecniche che dimostrassero il perseguimento di tale finalità.
In tal senso, si legge in sentenza, che “ai fini della validità della deliberazione non sono necessaria acquisizioni tecniche che dimostrino preventivamente la assoluta convenienza della trasformazione quanto ai consumi. Infatti dalla normativa invocata non si desume che sussista tale obbligo, né che si debba dimostrare la riduzione dei consumi di combustibile per legittimare la trasformazione.
Al legislatore è apparso opportuno favorire, come si dirà anche di seguito, la trasformazione degli impianti da centralizzati in autonomi in relazione al miglioramento che, secondo un criterio di larga scala, esso induce nella gestione del consumo energetico, al di là delle verifiche preventive del caso singolo, che sarebbero incongrue con lo stesso dettato di favore per la trasformazione della tipologia di impianti. È evidentemente impossibile avere la preventiva (e anche successiva) certezza che l’accensione degli impianti e i relativi consumi, allorché autogestiti, restino di fatto inferiori, ben potendo i singoli incorrere in usi errati e consumi che prescindono dal criterio che il legislatore, secondo l’id quod plerumque accidit, ha preferito, cioè la frammentazione in impianti autonomi” (Cass. 27 settembre 2013 n. 22276).
Come dire: favoriamo le dismissioni senza prove certe, perché certezze non possono essercene.
L’opportunità di favorire l’uso individuale per contenere i consumi non ha prodotto i frutti sperati.
L’art. 26 della legge n. 10 del 1991, quindi, ha iniziato a subire una serie di modificazioni dal 2005 e fino al 2012.
Oggi l’art. 26, secondo comma, l. n. 10/91 recita:
Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia di cui all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di prestazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza degli intervenuti, con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
E’ sparito il riferimento all’art. 8. Ciò vuol dire che l’assemblea non può più deliberare la trasformazione dell’impianto centralizzato in impianti singoli a gas?
Ad avviso di chi scrive la trasformazione dell’impianto centralizzato in singoli impianti a gas, nell’attuale legislazione, può essere fatta solamente con il consenso di tutti i condomini a meno che non sia chiaramente dimostrato, attraverso documentazione tecnica, che attesti l’effettiva del contenimento di consumo energetico. Cosa sicuramente difficile.
Fonte http://www.condominioweb.com/lassemblea-puo-deliberare-la-trasformazione-dellimpianto-centralizzato-in-impianti-singoli-a-gas.1756#ixzz3JPx0MDRH
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